Musica in culla®


 

Premessa

 

La naturalezza del linguaggio musicale

 

L’entusiasmo con il quale svolgo da anni la mia attività didattica finalizzata all’educazione musicale dei bambini in età prescolare mi ha spinto allo studio e all’approfon­dimento di svariati metodi, tra i quali ho sempre selezio­nato quelli ritenuti più validi ed efficaci in virtù dell’esperienza e della valutazione diretta dei risultati conseguiti.

Nell’autunno 2000, mi sono iscritta al corso nazionale di formazione “Musica in Culla” isti­tu­ito a Roma da Paola Anselmi, docente specializzata in didattica della prima infanzia presso la Temple University di Philadelphia e presso il Gordon Institute for Music Learning della Columbia University in South Carolina, alla quale si deve la diffusione in Italia delle teorie di E. E. Gordon sull’apprendimento musicale nei primissimi anni di vita e degli aspetti pratici e applicativi della metodologia utilizzata dalla Prof.ssa Beth M. Bolton.

Inizialmente provai un certo scetticismo nei confronti di quello che credevo essere l’ennesimo tentativo di trasformare bambini in tenerissima età in “enfants prodiges” di cui andare fieri, chiedendomi allo stesso tempo cosa mai sarebbe stato possibile insegnare a bambini così piccoli in un corso di musica a loro dedicato.

A Roma ho scoperto invece un metodo di educazione musicale straordinariamente innovativo, ba­sa­to su un’intuizione che prevede l’immersione nel mondo della musica fin dai primi mesi di vita, per imparare ad apprendere in modo del tutto naturale i fondamenti della sintassi melodica, tonale e ritmica.

Si è soliti pensare che i neonati siano delle creature che si limi­tano, tra un pianto e un sorriso, a mangiare, dormire, e di tanto in tanto a giocare.

Se il loro sviluppo fisico è seguito con apprensione dai genitori, con l’aiuto di pediatri e specialisti, fin dal primo giorno di vita, non altrettanto avviene per lo sviluppo cognitivo; troppo sovente questo aspetto così importante e delicato viene accantonato o rinviato nel tempo, in attesa che il bimbo “sia abbastanza grande”.

La moderna ricerca ha dimostrato che i neonati e i bambini molto piccoli sono creature estrema­mente sensibili ad ogni forma di apprendimento; è proprio nei primissimi anni di vita che l’altissimo numero di connessioni sinaptiche presenti nel cervello offre loro la capacità di appren­dere con grande facilità.

La Music Learning Theory (MLT) elaborata dal ricercatore Edwin E. Gordon è una teoria di apprendi­mento musicale dedicata alla primissima infanzia (da 0 a 36 mesi).

I principi didattici e metodologici della MLT si ispirano alla naturalezza del processo attraverso il quale i bambini apprendono il linguaggio verbale; fin dalla nascita essi vengono immersi in un “mondo verbale” denso di sollecitazioni lin­guistiche, anche complesse, senza che nessun adulto si aspetti risposte o una comprensione di qualunque tipo.

Come il bambino impara a parlare sollecitato dal linguaggio com­pleto delle persone che lo circon­dano e non perché sottoposto a sistematiche stimolazioni prima con le lettere dell’alfabeto, poi con le sillabe e così via fino all’articolazione di frasi compiute, così, nel caso del “linguaggio musicale”, è possibile ottenere gli stessi risultati fornendo ai piccoli adeguate situazioni complesse in grado di stimolare tutte le aree percettive.

La contraddizione delle mamme che pensano che i loro neonati siano “troppo piccoli per seguire un corso di musica” risiede proprio nel fatto che nella comu­nicazione verbale con le loro creature adottano un linguaggio sintattica­mente corretto, e non pensano certo di farsi compren­dere a monosillabi o con i verbi all’infinito...

Durante il percorso di crescita il bimbo elabora tutti gli stimoli linguistici intorno a lui per costruire il proprio linguaggio verbale e imparare a comunicare, passando attraverso più fasi: da un primo periodo di assorbimento della lallazione spontanea, alla scelta di semplici parole che foca­lizzano un’intera frase alla costru­zione di frasi vere e proprie, fino alla capacità di esprimere attra­verso il linguaggio concetti, idee, sensazioni e bisogni, forte dell’ ampiezza del vocabolario che ha costruito dentro di sé sempli­cemente “sentendo” le persone parlare intorno a lui.

In modo del tutto analogo varietà, ripetizione e complessità degli stimoli daranno al piccolo indi-viduo la possibilità di costruire, ampliare organizzare e codificare il proprio vocabolario musicale.


Imparare dalle differenze

 

Purtroppo, nel nostro paese, il pano­rama degli stimoli musicali negli ambienti frequentati dai bambini è spesso ancora povero di varietà: la maggior parte delle canzoncine, filastrocche e ninne nanne sono nella stessa tonalità (maggiore) e nello stesso metro (binario).

Questa uniformità priva il bam­bino di una parte essenziale dei processi di apprendimento: impa­rare dalle differenze.

Tanti più stimoli diversi avrà l'opportunità di vivere, tanto più affinerà la sua capacità discrimi­natoria, avendo a disposizione quello straordinario strumento che è la possibilità di scegliere e paragonare.

Una delle condizioni della matu­razione individuale è la ricchezza dell’ambiente, anche se questa ricchezza non può essere imme­diatamente assimilabile.

Durante tutto lo sviluppo l’esercizio funzionale favorisce la maturazione delle strutture cogni­tive, e la completa assenza di educazione in questo o quel campo conduce alla sclerosi dei meccanismi cognitivi corrispon­denti.

Se è inutile far fare esercizi a un bambino di 6 mesi perché impari a stare in piedi o fargli fare eser­cizi di linguaggio perché impari a parlare prima, è d’altra parte ovvio che il bambino mantenuto in posizione orizzontale fino all’ età di un anno o che non sente mai parlare nessuno mostrerà notevoli ritardi e difficoltà una volta giunto il momento di assu­mere la posizione eretta e parlare.

Quindi se da un lato è necessario aspettare i tempi di maturazione delle strutture psicofisiche è anche però che questo sviluppo avviene solo se il bambino è opportu­namente stimolato e sollecitato dalla pratica che, se ricca e mirata, favorisce i progressi e ne anticipa i tempi.

Il fatto che i neonati non possano ancora raggiungere determinate capacità mediante l’esercizio in quanto privi di una adeguata maturazione delle strutture men­tali, non costituisce la giustifica­zione per negare loro determinate esperienze, tra le quali la musica dovrebbe occupare un posto di rilievo: infatti è solo con l’immersione in un ambiente stimolante che il pensiero si sviluppa.

 

Una atmosfera di grande comunicazione

 

La sollecitazione dei bambini con ampia varietà di metri e modi viene applicata nella metodologia di E. E. Gordon attraverso la presentazione di modelli.

Gli insegnanti agiscono come genitori musicali all'interno della classe cantando, recitando ritmi e muovendosi in modo fluente in una atmosfera di grande comuni­cazione.

Ai bambini non viene chiesto di fare ma di sentire e di essere, nel rispetto dei tempi, dei modi e dell'individualità di ciascuno.

Superato lo stadio di assorbi­mento, in cui il bambino sente (a volte letteralmente incantato) ciò che gli succede musicalmente intorno, lui e solo lui deciderà di entrare negli stadi successivi, cominciando a interagire con gli insegnanti che prenderanno e rafforzeranno le sue risposte musicali, sino a una vera e propria fase di imitazione.

Di fondamentale importanza risulta la presenza degli adulti (genitori o nonni o comunque persone che abbiano un forte rap­porto affettivo con il bambino), che partecipano in modo attivo alle classi, rafforzando i modelli degli insegnanti, sempre nel rispetto delle attitudini e delle possibilità di ognuno.

L'insieme di tutte queste applicazioni viene chiamato Guida Informale.

Uno degli aspetti innovativi di questa metodologia è il concetto dell'audiation o pensiero musi­cale: il bambino viene stimolato a sentire dentro di sé il suono non fisicamente presente nel luogo, acquisendo più tardi la capacità di esprimerlo, sempre in momenti diversi e a volte scegliendo di farlo fuori dall'ambiente della lezione.

A questo proposito acquista una grandissima importanza il silen­zio: la possibilità per il bambino di trasformare uno stimolo in passo di apprendimento.

L'errore in cui spesso si può incorrere è, infatti, la paura di perdere l'attenzione dei bambini, rischiando così di dare luogo a una ipersollecitazione assoluta­mente inutile e anzi a volte dannosa.

Procedendo su questo cammino sarà naturale il passaggio alla terza fase dell'assimilazione(perfetto coordinamento tra respiro, movi­mento, intonazione e ritmo) e l'arrivo alla formalizza­zione e codificazione (scrittura e lettura) di concetti e notizie che il bambino ha già in se, proprio come nel percorso del linguaggio verbale per un bambino non rap­presenta un problema cominciare a scrivere e a leggere parole e concetti di cui già ben conosce il significato.


Renata Mascarello